Lo ha stabilito nei giorni scorsi la Cassazione: nessuna violazione del patto leonino
La “russian roulette clause” è uno strumento largamente diffuso a livello internazionale come clausola “anti-stallo” nelle decisioni assembleari. Dopo vari anni in cui la liceità della sua applicazione nel nostro Paese è stata oggetto di discussione, la recente sentenza n. 22375 della Corte di Cassazione (depositata il 25 luglio scorso), ha posto un punto fermo sulla questione: è applicabile se presente a statuto e, qualora inserita nei patti parasociali, sostituisce a buon diritto il principio di equa valorizzazione.
Di cosa si tratta
Se il cda o l’assemblea degli azionisti di una società si trova nella condizione di disaccordo circa una determinata decisione, di norma, il leggero disequilibrio in un senso o nell’altro consente di superare l’impasse. Qualora tuttavia tra due opposte posizioni la proporzionalità sia di netta parità, il rischio è ritrovarsi in deadlock. La roulette russa è allora una delle prassi cui affidarsi, attivando una procedura che consenta ai soci di stabilire il prezzo di trasferimento delle proprie partecipazioni paritetiche, così che uno o più degli altri possa acquistarle.
La pareteticità 50-50, che può ingenerarsi sia a seguito di passaggio generazionale che di precise scelte d’uno o più soci di minoranza, è condizione di stalli che possono profondamente compromettere la quotidiana operatività aziendale ma anche affidamento e fiducia della leadership, non ultimo in previsione di future decisioni. Ecco perché lo strumento della roulette russa, introdotto in ambiente anglosassone, ha in breve conquistato l’uso comune in tutto il mondo, divenendo prassi negli statuti societari e patti parasociali.
Il dibattito giuresprudenziale
La clausola della roulette russa è stata, nel 2013, oggetto di Pronuncia del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia d’impresa “B”, successivamente confluendo in ordinanza il 15 gennaio 2014. I giudici la definirono allora come uno dei possibili strumenti utili, se indicato nello statuto, a superare lo stato di crisi. Del 19 ottobre 2017 è invece la sentenza n. 19708, con cui a tornare sul tema è stato il Tribunale di Roma, affermando esplicitamente la liceità applicativa della clausola anti-stallo se inserita nei patti parasociali. A questa posizione ha quindi fatto eco, due anni più tardi, anche il Consiglio notarile di Milano che, nella massima n. 181 del 9 luglio 2019, stabiliva come “legittima la clausola statutaria, tipicamente prevista in caso di suddivisione del capitale sociale tra due soci in misura paritetica o in presenza di due soci a controllo paritetico”.
A livello applicativo, in più, i giudici hanno affermato come lo strumento della ruolette russa possa di diritto essere applicato a qualsiasi socio (solo eventualmente fissando una soglia di partecipazione o determinati presupposti), che sia da intendersi come un “diritto diverso” delle categorie di soci di Srl o Pmi, ma anche configurarsi quale “diritto particolare”, qualora lo statuto sociale lo preveda, a carico di uno o più soci specificatamente indicati.
La Cassazione
Su questo particolare strumento, che qualcuno ha apostrofato “clausola del cowboy”, la Corte di Cassazione si è espressa con l’ordinanza n. 13545 del 29 aprile 2022, dirimendone ulteriormente i contorni per quanto attiene a validità ed efficacia, richiamando infine la necessità d’un suppletivo approfondimento ad opera dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo.
Con la sentenza n. 22375 la Suprema Corte ha ora ufficializzato, al di là della prassi diffusamente ammessa, la piena validità dello strumento. In particolare, i giudici hanno dimostrato come la roulette russa non sia ostativa all’art. n. 1355 del c.c. poiché l’eventuale proponente non stabilisce il prezzo a suo personale ed improprio giudizio, e inoltre scatta al configurarsi di una situazione da quella predeterminata in cui il socio (salvo atteggiamento proditorio) si ritrova senza volerlo. Ecco dunque come, a fronte di questo, non si possa parlare di condizione meramente potestativa.
Anche circa al mancato rispetto del patto leonino è stabilita con chiarezza l’estraneità della clausola: la roulette russa non rientrerebbe infatti secondo la Cassazione tra i casi lesivi previsti dall’art. 2265 del c.c.. Sempre in difesa dello strumento anti-stallo è infine osservato come non rientri tra quanti necessitino di valori minimi per congrua valorizzazione.