I patti parasociali, a differenza dello Statuto sociale, sono accordi che i soci, in sede di costituzione della società o nel corso della vita di essa, stipulano tra loro al fine di disciplinare determinati rapporti o di istituire specifici obblighi, che per ragioni di riservatezza intendono non inserire nello Statuto e pertanto non rendere pubblici.
Giuridicamente si tratta di accordi che hanno la forza di contratti. A differenza però dello Statuto, i cui effetti sono opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 1372 co. 2 c.c., i patti parasociali hanno efficacia vincolante solamente “inter partes”, secondo quanto previsto dall’art. 1372 co. 1 c.c.. Dall’efficacia obbligatoria dei patti discende che in caso di inadempimento degli impegni assunti sorge solamente l’obbligo di risarcire i danni cagionati alle altre parti dell’accordo; tuttavia gli atti compiuti in violazione del patto parasociale restano validi nell’ambito dei rapporti con la società.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato più volte che “caratteristica del patto parasociale è la sua natura di convenzione atipica, nel senso che è un negozio concluso tra i soli soci partecipanti ed ha effetti obbligatori ed interni; pertanto opera su un piano distinto da quello sociale, inerente cioè l’organizzazione della società e non direttamente interessato dai patti parasociali”.
Inoltre la Corte di Cassazione nella sentenza 11/07/2013 n° 17200 ha sancito che “il patto parasociale, in forza del quale taluni soci si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società, integra la fattispecie del contratto a favore di terzo disciplinato dall’art. 1411 c.c.. Legittimati a pretenderne l’adempimento sono sia il terzo beneficiario – e cioè la società, che, con l’eventuale atto di citazione palesa la volontà di profittare del contratto – sia i soci stipulanti, moralmente ed economicamente interessati a che l’obbligazione sia adempiuta nei confronti della società di cui fanno parte (Cass. 1 Marzo 1993 n. 2493; Cass., sez. 2, 22 giugno 1978 n. 3089; Cass., sez. 1 9 marzo 1973 n.649; Cass., sez. 1, 29 luglio 1968 n.2727)”.
Nel codice civile i patti parasociali sono disciplinati dall’art. 2341 bis, in materia di società per azioni, il quale prevede che “i patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società”:
- hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
- pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;
- hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.
Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo.”
Alla luce dell’art. 2341-bis emerge come per le società per azioni i patti non possono avere durata superiore a cinque anni e che si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore. Gli stessi si ritengono ammissibili anche nell’ambito delle srl e nelle società di persone.
L’art. 2341-ter disciplina invece la pubblicità dei patti, prevedendo che “nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese.
In caso di mancanza della dichiarazione prevista dal comma precedente i possessori delle azioni cui si riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell’articolo 2377.”
I principali tipi di patti parasociali sono:
- Sindacati di voto; mediante i quali le parti si obbligano a votare in un determinato modo nell’assemblea;
- Sindacati di blocco; è un patto tra tutti o parte dei soci di una società che impone agli aderenti il rispetto di alcuni vincoli al regime di circolazione delle partecipazioni (inalienabilità, prelazione, gradimento). Nello specifico ogni parte non può vendere tutte o parte delle proprie partecipazioni senza il consenso degli altri.
Inoltre, per completezza occorre citare anche altri tipi di patti:
- I patti di consultazione, i quali non implicano un impegno a votare in un determinato modo, limitandosi a prevedere che i partecipanti si consultino prima dell’assemblea;
- I patti di gestione, i quali vengono stipulati al fine di influire sulle modalità con le quali l’organo amministrativo deve gestire la società. Sul punto però il Tribunale di Milano con decreto n. 3106 del 17 dicembre 2020 ne ha dichiarato l’illegittimità.
Queste sono solamente le principali tipologie di accordi che possono essere stipulati a latere tra i soci di una società.
Diventa sempre fondamentale analizzare quali clausole conviene inserire nello Statuto, così da attribuire ad esse efficacia reale, e quali invece si preferisce inserire in un patto parasociale magari per questioni di riservatezza; il tutto ovviamente alla luce anche dell’evoluzione giurisprudenziale che ha sancito o meno la liceità di determinate pattuizioni.
Come sempre ogni compagine sociale necessità di una pianificazione “su misura”, realizzata in base alle singole esigenze ed ai rapporti in essere tra i soci.
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