Secondo il Ministero l’articolo 10-bis si configura sempre come clausola residuale
Il Ministero delle Finanze ha sottoscritto e pubblicato lo scorso 27 febbraio un atto d’indirizzo che fornisce chiarimenti circa l’applicazione dell’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente (Legge n. 212 del 27 luglio 2000) e l’eventuale sussistere di abuso del diritto. Il documento evaso interviene in particolare sugli elementi “critici” per la disciplina tributaria come il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti e l’assenza di “sostanza economica”.
L’articolo 10-bis
L’interpretazione di questa norma rappresenta un elemento cardine per l’applicazione della disciplina tributaria. L’art. 10-bis prevede infatti la possibilità di perseguire e sanzionare comportamenti elusivi che, benché nella forma si siano attenuti a quanto previsto dalla legge, evidenzino, dal punto di vista sostanziale, incoerenze procedurali. L’articolo, introdotto con il Decreto legislativo n. 128 del 5 agosto 2015 mirava ad offrire una più chiara definizione dell’abuso di diritto stante le difficoltà interpretative del precedente articolo 37-bis del DPR n. 600 del 29 settembre 1973, in seguito abrogato. La complessa materia in oggetto, tuttavia, ha comunque continuato a sollevare dubbi anche in anni più recenti.
L’atto di indirizzo
Il documento licenziato dal Ministero mira ora a fornire agli uffici dell’Amministrazione finanziaria “indicazioni metodologiche necessarie per un’applicazione dell’articolo 10-bis che sia, al tempo stesso, coerente con la sua ratio e rispettosa delle scelte negoziali del contribuente, comprese quelle che consentono a quest’ultimo un legittimo risparmio d’imposta“. L’atto d’indirizzo, ripercorso l’iter che ha portato il Legislatore a inserire l’articolo nello Statuto del contribuente, chiarisce in particolare come il contribuente sia libero di condurre i propri affari finalizzandoli al risparmio fiscale. Se pure sussiste un discrimine tra detta, legittima libertà alla ricerca del risparmio d’imposta e lo “spirito delle norme tributarie e i principi dell’ordinamento”, dunque, non deve considerarsi fraudolenta la scelta del contribuente di un’operazione che ricerchi, attraverso un regime opzionale, differente o ridotto carico fiscale.
Evasione sì, ma non abuso del diritto
Il Ministero ha infine chiarito come l’abuso del diritto non ha applicazione in caso d’illeciti che infrangano le disposizioni fiscali nel tentativo d’ottenere risparmi d’imposta, risultando la sua disciplina residuale. Si configura infatti in questi casi un’evasione riconducibile ad un diverso contesto, come quello d’una violazione delle norme tributarie per simulazione o frode.