L’Agenzia della Entrate su lavoro da remoto e residenza fiscale

Restano immutate norme e criteri, regime speciale per impatriati, docenti e ricercatori

Complice la pandemia si è largamente diffuso lo smart working, modalità di lavoro agile che, accanto ai molteplici vantaggi, si è andata accompagnando anche ad alcuni dubbi a carattere fiscale. Incertezze puntualmente fugate dalla circolare 25/E a firma Agenzia delle Entrate dello scorso 18 agosto.

 

Residenza fiscale per smart worker

Richiamando l’articolo 2, comma 2 del TUIR, l’Agenzia ha ribadito il concetto di “residenza fiscale”, osservando come siano da considerarsi residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, vale a dire 183 giorni l’anno (184 giorni in caso di bisestilità), risultino iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o abbiano nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Al paragrafo seguente della circolare è chiarito come l’introduzione di soluzioni di lavoro “agile”, stante l’assenza di modifiche normative in tal senso, non inficino quanto assunto a tema residenza fiscale che, dunque, è declinata secondo le convenzionali e domestiche regole. Il paragrafo n.3, infine, assoda come lo smart working offra più d’un tempo ai “furbetti” ottime occasioni per tentar di aggirare, attraverso residenze fittizie, il sistema fiscale. Operare da remoto è infatti funzionale all’assunzione da parte di aziende oltre confine quando, de facto, il lavoratore rientri o permanga in maniera continuativa nel nostro Paese.

Prendendo spunto dall’esempio offerto dall’interpello n. 626/2021 l’Agenzia delle Entrate chiarisce quindi come “il reddito da lavoro dipendente percepito da una cittadina italiana iscritta all’AIRE a fronte di un’attività svolta in smart working dall’Italia alle dipendenze di una società estera, è imponibile, secondo il dettato della normativa interna, nel luogo di prestazione dell’attività lavorativa, salvo il disposto della normativa convenzionale qualora applicabile”. A corollario dell’evidenza d’una crescente facilità offerta dall’universo digitale a prestare opera da remoto, l’Agenzia annuncia una sua più stretta attività investigativa e di controllo.

 

I frontalieri

Nella parte seconda della 25/E viene richiamata la disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri, non ultimo rammentando la definizione degli stessi e novità introdotte dalla Legge n. 83 13 giugno 2023. È questa l’occasione per sottolineare come detto inquadramento “non è tuttavia automaticamente estensibile al settore tributario, per il quale la disciplina del lavoratore frontaliere, tanto ai fini definitori, quanto ai fini della regolamentazione della tassazione, deve essere ricercata nelle legislazioni nazionali e nelle singole Convenzioni contro le doppie imposizioni e/o accordi stipulati tra gli Stati di volta in volta interessati”. È questa l’occasione per ricordare anche come siano decaduti numerosi accordi siglati sotto la stringente spinta pandemica (come quelli verso Austria, Francia e Svizzera) e così pure quella flessibilità interpretativa raccomandata dall’Ocse sulla scorta dell’eccezionale contesto emergenziale.

 

Impatriati, docenti e ricercatori

Questi casi particolari, che interessano il trasferimento da e verso l’estero (Dlgs n. 147 del 2015 e D.l. n. 78 del 2010), sono invece soggetti a regimi speciali. Gli impatriati (che cioè rientrano nel Paese dopo due anni trascorsi all’estero e vi rimangono per almeno altrettanti due) vedono in particolare l’agevolazione applicata al periodo d’imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e successivi periodi di imposta agevolabili, relativamente ai soli redditi che si considerano “prodotti in Italia”. Docenti e ricercatori che mantengano inalterato il proprio incarico in dipendenza da un Ente o università straniera dandovi continuità dall’Italia a mezzo smart working, di contro, non possono beneficiare dell’agevolazione per i relativi redditi poiché non sussiste un collegamento tra il trasferimento e lo svolgimento d’una attività di docenza e/o ricerca nel territorio dello Stato.