L’Agenzia delle Entrate in una recente circolare illustra la nuova disciplina
Spicca su tutto una nuova declinazione di “domicilio” che affranca la tradizionale “residenza”, mentre il criterio di “presenza fisica” si spoglia di qualsiasi motivazione che in precedenza la connotava: queste le principali novità a tema residenza fiscale introdotte dal D.Lgs n. 209 del 27 dicembre 2023 (il Decreto di fiscalità internazionale), i cui contenuti sono dettagliatamente spiegati dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 20/E del 4 novembre scorso.
La residenza fiscale di persone fisiche
Le modifiche introdotte in materia (già attive a far data dagli inizi di quest’anno ma non pienamente recepite), spiega l’AE, considerano “residenti in Italia le persone fisiche che per la maggior parte dell’anno hanno il domicilio nel territorio dello Stato” e che “sviluppano le relazioni personali e familiari in via principale nel nostro Paese”. Cambia, dunque, il concetto stesso di “domicilio” che, rispetto a una volta, non viene più mutuato dal Codice civile, e prende le mosse dai rapporti personali o familiari piuttosto che da relazioni di carattere economico: al sussistere dei primi per la maggior parte dell’anno (183 giorni elevati a 184 in caso di anni bisestili) si delinea dunque lo status di residente.
Non solo matrimonio
Se non sono più rilevanti residenza o domicilio fiscale, anche il concetto di “relazione” interpersonale non attiene più solo ai casi maggiormente tipizzati, come il matrimonio o le unioni civili, ma allarga la platea anche rapporti sociali connotanti la stabilità, come le convivenze di fatto. A queste si accompagnano poi tutte quelle attività o scelte che configurano la volontà di mantenere un concreto e duraturo legame con il territorio.
Anche le frazioni di giorno contano
Di particolare rilievo soprattutto per chi operi in smart working, la nuova disciplina punta ora, piuttosto che sui precedenti criteri, sulla durata di permanenza fisica nel nostro Paese. Questo dato, fiscalmente rilevante, terrà conto non solo dei giorni ma anche delle “mezze giornate” o loro porzioni al fine del computo finale.
Le novità per enti e società
Con l’introduzione del Decreto fiscalità enti e società vengono considerate residenti nel Paese quando mantengono in quello, per la maggior parte del periodo di imposta, sede legale o sede di direzione effettiva o gestione ordinaria in via principale. Il comunicato dell’Agenzia delle Entrate chiarisce in particolare come ognuna delle tre opzioni sia alternativa ed equiparabile l’una all’atra, superando cioè il precedente criterio di “oggetto principale”.
Per meglio comprendere poi ragioni e criteri del rinnovato concetto di “direzione effettiva”, rimanda all’articolo 73, comma 3 del Tuir. Viene spiegato come non infici la residenza fiscale in Italia il fatto che il luogo ove effettivamente i soci assumano le decisioni sia nel nostro Stato, purché dette decisioni non abbiano carattere gestorio. Per quanto attiene invece la sede di gestione ordinaria in via principale, è specificato come debba intendersi il luogo in cui di norma si sviluppi il funzionamento della società e gli adempimenti della sua ordinaria amministrazione.
Le novità introdotte si applicano a far data dal periodo d’imposta successivo a quello in corso. Le integrazioni agli articoli 73 e 5 del Tuir sono invece efficaci dal 1° gennaio scorso.