La Cassazione sul tema della principale attività effettiva e detraibilità d’imposta
Una sentenza, quella n.19576 emessa lo scorso 15 luglio dalla Cassazione, che ha risvegliato preoccupazioni soprattutto per chi gestisce finanziamenti tra società del medesimo gruppo. Il chiarimento, importante per il calcolo della detraibilità d’imposta, punta infatti il dito contro le “società immobiliari inattive” che, limitandosi a gestire portafogli immobiliari o a fungere da veicoli di finanziamento, di fatto si discostano nella pratica dall’attività prevista a statuto.
Il caso di specie
All’origine del contendere la decisione dell’Agenzia delle Entrate di non riconoscere alcuna detraibilità dell’Iva ad una società immobiliare che, nei dieci anni precedenti, non aveva provveduto a nessuna operazione imponibile. Dopo l’acquisto di un terreno a scopo edificatorio, essendo venuta meno la possibilità di costruire, l’immobiliare si era infatti limitata solo a ricorsivi finanziamenti a vantaggio delle proprie controllate, maturando interessi passivi sui prestiti concessi. A propria difesa la società ha argomentato l’occasionalità dei finanziamenti proprio richiamandosi al fatto che non rappresentassero la loro attività principale. Ha inoltre sottolineato come detti finanziamenti rientrassero tra quelle operazioni esenti che, secondo l’articolo 19-bis, comma 2, del DPR n. 63372 del DPR del 26 ottobre 1972, non andrebbero considerate nel calcolo del pro rata.
Il fermo chiarimento della Cassazione
Richiamando precedenti pronunce consimili (in particolare le n. 6574/2008, 4613 del 9 marzo 2016, 6486 del 9 marzo 2018, 20558/2022 e 25485/2022), i giudici hanno confermato come, a verifica del diritto d’esenzione di un’operazione vada osservato non già quanto stabilito da atto costitutivo o statuto, ma da “quale attività è stata effettivamente esercitata”. Quale, cioè, “manifesti concretamente l’oggetto economico della società”.
Differenti criteri
L’Agenzia delle Entrate, in passato, aveva adottato in tema di reale e presunta attività un differente approccio. Con le risoluzioni n. 305 del 21 luglio 2008 e n. 41 del 5 aprile 2011, suggeriva infatti di derimere la distinzione sulla base dell’esistenza o meno di “un’organizzazione specifica e complessa finalizzata a gestire un impegno finanziario rilevante”. La Cassazione è di diverso avviso e, tra le posizioni a suo sostegno, cita anche la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 dicembre 2016.
La conclusione
La vicenda giudiziaria vede la Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’immobiliare, contestare in particolare a quest’ultima che il pro rata Iva non possa essere eluso dalla semplice affermazione dell’occasionalità: poiché i prestiti sono risultati l’unica attività riproposta negli anni, dalla società, agli effetti IVA ne è diventata de facto l’attività principale. I giudici hanno inoltre riaffermato nella sentenza il principio dell’analisi sostanziale, secondo cui i flussi finanziari e i dati contabili oggettivi prevalgano in valore documentale a quanto riportato negli atti costitutivi.
