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Voti discordi dei due soci al 50%: delibera nulla per regola maggioritaria

La Cassazione chiarisce il funzionamento degli organi collegiali delle società di capitali

Una società in cui il quorum deliberativo dell’organo collegiale sia definito dalla metà del capitale sociale vedrà l’approvazione di una delibera grazie all’avallo unilaterale (cioè il 50% dei voti), solo se dalla controparte non sia espresso diniego. Qualora la proposta sia approvata da un 50% e respinta dall’altro, dev’essere intesa come non approvata in ragione del principio maggioritario. Una condizione che, tra l’altro, concretizza causa di scioglimento della stessa società.

 

Caso di specie

L’ordinanza n. 5429 del 29 febbraio scorso interviene a dirimere una questione che, in termini procedurali e interpretativi, interessava una società in liquidazione. Azienda in cui, appunto, i due soci condividevano pari ed equivalente peso percentuale in assemblea. Il tutto prende le mosse dall’approvazione, successivamente impugnata, di bilancio d’esercizio e nomina del Collegio sindacale con il solo voto favorevole di uno dei due soci al 50%.

 

Ricorso e posizione della Cassazione

Il Tribunale osservava il sussistere di due distinte delibere di medesimo valore ma contraria posizione: condizione, questa, che inficia la regola della maggioranza rendendo di fatto ininterpretabile la volontà sociale. La clausola statutaria viene così definita nulla o in stato d’“inesistenza”. Questo richiama tra l’altro l’applicazione dell’art. 2484 del Codice Civile che, nell’impossibilità di funzionamento assembleare, comporterebbe lo scioglimento della società.

Il ricorso ha visto confermato in appello quanto già in precedenza stabilito, fatto salvo meglio circoscrivere l’uso del termine “inesistenza” con cui i giudici avevano definito nulla la previsione statutaria: la nullità sarebbe stata infatti dettata non già da una sorta di “non sussistenza” del processo deliberativo dell’assemblea o da un concreto risultato di voto, quanto più dal mancato raggiungimento della maggioranza per errato conteggio dei voti.

I giudici di legittimità hanno quindi sottolineato come il concetto pregnante sia, al di là delle espressioni usate, la non formazione di una delibera assembleare in ragione del “mancato perfezionamento della volontà di ciascuno dei soci”. Condizione che, hanno confermato, concretizzerebbe la causa di scioglimento per la società.

 

Abuso del diritto di voto

Va osservato infine come la condizione in cui si è trovata la società oggetto del contendere, potrebbe interessare anche l’“abuso del potere di blocco”, cioè quell’abuso del diritto nell’assemblea di una società di capitali che può essere imputato tanto alla maggioranza che alla minoranza. Questa condizione che, in violazione del canone di correttezza e buona fede, delineerebbe un vizio che, non ultimo, offrirebbe il destro alle clausole anti-stallo.