La Cassazione modifica l’orientamento interpretativo: ex soci gravati dalla responsabilità
Dopo la cancellazione di una società dal Registro delle imprese, la Legge stabilisce che i creditori sociali possano far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme riscosse da quest’ultimi in base al bilancio finale di liquidazione: un diritto cui finora (come del resto confermato in svariate sentenze della Cassazione) faceva eccezione quanto attenesse alle sanzioni. La recente sentenza n. 23341 del 29 agosto scorso ha tuttavia sconvolto questa certezza. In assenza dell’ente (ormai estinto) il gravame dei debiti si trasferirebbe infatti ai soci.
L’art. 8 del DLgs. 472/97
I pregressi orientamenti prendevano le mosse dalle “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n.662” che, all’articolo n. 8 del Decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1977, stabilivano l’intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi. Muovendo da questo principio la Cassazione aveva più volte in passato sottolineato la personalità delle sanzioni (sentenza n. 9094 del 7 aprile 2017), ordinanza n. 29112 del 20 ottobre 2021 e ordinanza n. 24316 del 09 agosto 2023, stabilendo come le stesse non potessero, in quanto irrogate ad una società ormai cancellata dal Registro delle imprese, ripercuotersi sui soci.
Il nuovo punto di vista
A muovere il radicale cambio d’orientamento dei giudici della Suprema Corte l’impropria assunzione di somiglianza legale tra quanto attenga all’estinzione di società e la morte di una persona fisica per cui: “l’indirizzo ormai consolidato, integra un fenomeno successorio, che funziona solo in parte in modo analogo alla successione mortis causa. In particolare, i soci, al momento dell’estinzione della società, succedono nei debiti di quest’ultima che sono, tuttavia, tenuti a soddisfare limitatamente a quanto ricevuto a seguito della liquidazione. Di conseguenza, entro tale limite, sono tenuti a rispondere anche del debito insoluto della società estinta a titolo di sanzioni pecuniarie, trattandosi di obbligazioni civili, per le quali non può trovare applicazione l’art. 8 d.lgs. 18/12/1997, n. 472. Tanto più che quest’ultima norma non fa dipendere dalla morte della persona l’estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria, ma si limita a stabilire che non si trasmette agli eredi (confermando, in tal modo, la natura civile di tale obbligazione)”. Un principio di diritto che è ben richiamato dalla sezione n. 5 della Corte di Cassazione anche nel proseguo dell’Ordinanza: “L’estinzione della società di capitali conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese integra un fenomeno successorio connotato da caratteristiche sui generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società con la conseguenza che i soci sono chiamati a rispondere anche per il pagamento della sanzioni tributarie nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, venendo, altrimenti, vanificata la ratio sottesa all’art. 7 DL 30.9.2003, n. 769 [ndr. 269], convertito con modificazioni dalla legge 24.11.2003, n 326 funzionale a evitare che gli effetti della sanzione ricadano su un soggetto diverso da quello che si avvantaggia, in concreto, della violazione della norma tributaria”.