Da una recente sentenza della Cassazione il focus sul rispetto dei termini temporali
Se entro il termine pattuito dalle parti o dal giudice non viene deliberato l’aumento di capitale, il conferimento va restituito pena, in caso di successivo fallimento della società, il rischio d’incorrere in “bancarotta per distrazione”. A confermare la più che concreta ipotesi di una simile contestazione, la sentenza n. 39139 del 26 settembre scorso a firma della Cassazione.
La premessa
Va detto che è pratica diffusa il versamento a vario titolo da parte dei soci di una società di capitali di somme “fuori capitale”: erogazioni di denaro diverse, dunque, dai conferimenti, e spesso funzionali al normale svolgimento delle attività di un’azienda. Due le modalità previste per il loro perfezionamento:
- come capitale di rischio (senza obbligo di restituzione)
- a titolo di mutuo (con obbligo da parte della società di restituire al socio quanto erogato entro una data stabilita)
La sentenza
Proprio in riferimento al concetto di erogazione a titolo di mutuo, osservano i giudici, è indicativo, in caso di mancata restituzione nei termini temporali prestabiliti, di un quorum da ascriversi non già tra i debiti ma in conto capitale: credito quindi non esigibile, tranne proprio in caso di scioglimento della stessa società. La mancanza di un credito esigibile finché la società è attiva potrebbe dunque offrire una lettura di bancarotta fraudolenta per distrazione. Per quanto manchi in apparenza una chiara distinzione tra versamento in conto capitale e conto futuro aumento di capitale ancora non deliberato, osserva la Cassazione, è possibile evincere un distinguo sulla base “della causa” e, dunque, operato il discrimine, ascrivere il secondo tra gli investimenti a rischio. Risultato: in caso manchi il perfezionamento di delibera che sancisca come non si sia proceduto all’aumento di capitale nei tempi stabiliti, l’eventuale restituzione della somma configura distrazione.
L’obbligo di restituzione
È spiegato a chiare lettere nel testo sentenziale come, per la stessa natura giuridica dei versamenti effettuati a titolo di conto futuro aumento di capitale, l’imprenditore che vi provveda “maturi il diritto alla restituzione a prescindere dal procedimento di liquidazione della società laddove nel mentre non sia intervenuta deliberazione assembleare di aumento del capitale nominale della società”. Una tesi, questa, che trova precedenti chiari, come la sentenza della Corte di Cassazione n. 8587 del 4 agosto 1995.
E se, al contrario, un termine non fosse stato fissato? Potrebbe essere il giudice in questo caso a stabilire una data entro cui provvedere, di fatto mantenendo inalterato il rischio d’incorrere nel dolo per mancato rispetto della causa giustificativa se non si procede a restituzione del dovuto.