Detrazioni IVA per società veicolo in MBLO

Anche le società “veicolo” in MLBO hanno diritto a detrarre l’IVA

Lo sostiene la Cassazione: lecito purché riferibile ai soli costi preparatori alla fusione

È una sentenza utile quanto attesa, quella su cui è intervenuta la Cassazione lo scorso 9 agosto. Se infatti il diritto alle detrazioni IVA per società coinvolte in operazioni di “Merger leveraged buy out” (MBLO) trova da tempo consolidati principi giurisprudenziali in ambiente UE, nel nostro Paese altalenanti posizioni dell’Agenzia delle Entrate lo rendevano ancora “terreno scivoloso”. La Sentenza n. 22608 pone dunque (se non già un punto fermo) un importante precedente interpretativo: se si tratta d’investimenti finalizzati, propedeutici e funzionali all’acquisizione con indebitamento (e dunque del controllo) di una società target – hanno spiegato i giudici – è corretto che la società “veicolo” benefici della detrazione.

 

Cos’è un’operazione MLBO

Si procede a Merger leveraged buy out quando si desidera acquisire quote di partecipazione di una società (target) attraverso una seconda (veicolo), di solito costituita a quello specifico scopo (spesso una newco o una SPV). Norma vuole che società che si limitino a detenere partecipazioni di terze realtà senza intervenire in maniera diretta o indiretta nella loro gestione, configurandosi cioè in holding statiche, non siano qualificabili come soggetto passivo IVA. Se però dette società “veicolo” procedano a fusione diretta o inversa (questo il caso portato all’attenzione della Cassazione), così comportando il ribaltamento d’indebitamento del patrimonio della società “target”, la situazione cambia. La stessa costituzione del “veicolo” è infatti specificatamente orientata all’operazione di MLBO, e la successiva fusione non può non tenere conto delle spese transitoriamente sostenute (come quelle legali, di consulenza o relative alla due diligence).

 

Il caso in oggetto

Se i precedenti indirizzi dell’Agenzia delle Entrate (come la circolare n. 6 del 30 marzo 2016, le risposte alle sentenze d’interpello n. 17 del 17 giugno 2019,  n. 758 del 3 novembre 2021 e n. 529 del 27 ottobre 2022) erano risultati spesso i in maniera spesso ambigua e non risolutiva, a gettare basi di chiarezza ci ha pensato la giurisprudenza con Corte di Giustizia europea (Irlanda) nella causa C-249/17 e relativa sentenza evasa il 17 ottobre 2018. Detta interpretazione ha fatto scuola anche in Italia, dove la Cassazione, quest’estate, ha respinto quanto sostenuto dalla ricorrente Amministrazione finanziaria. Nel farlo, ha in particolare ricordato quali presupposti validino l’esercizio del diritto di detrazione, e cioè: che la società richiedente sia titolare dello status di “soggetto passivo” dell’imposta che desideri portare in detrazione, e che quanto acquistato sia da essa utilizzato per operazioni sue proprie. Se la società risultante dalla fusione è dunque qualificabile come soggetto passivo IVA e gli eventuali beni o servizi acquistati si dimostrano funzionali alla stessa operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, ecco che nulla osta al suo diritto di detrazione.