Con la revisione della disciplina del processo tributario entra in gioco la Cassazione
Tra le principali novità la deflazione del contenzioso e l’ufficializzazione che porta la conciliazione giudiziale ordinaria (quella cioè “fuori udienza”) ad essere applicata anche alle controversie pendenti in Cassazione: questi (ma non solo) i principi introdotti dal Decreto legislativo n. 220 del 30 dicembre scorso.
A tracciare la linea, la Delega al Governo per la riforma fiscale
I criteri direttivi per la revisione della disciplina del processo tributario prendono le mosse dalla Legge n. 111 del 9 agosto 2023, che, all’art. 19, interviene in particolare a: “contenimento dei tempi di conclusione della controversia tributaria; (…) potenziamento dell’informatizzazione della giustizia tributaria; (…) semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo; (…) rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo; (…) impugnabilità delle ordinanze cautelari; (…) deflazione del contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello dinanzi alla Corte di Cassazione”. La prima conseguenza di queste scelte da parte del Legislatore è l’abrogazione e il superamento dell’Istituto del reclamo e della mediazione, la cui genesi già doveva rispondere alla necessità di prevenire ed evitare le controversie che potessero risolversi senza il ricorso ad un giudice. La mediazione tributaria Il principio della mediazione tributaria è stato introdotto dall’art. 39, c.9, del D.l. n. 98 del 6 luglio 2011, e sviluppato nell’art. 17-bis del D.L. n. 546 del 31 dicembre 1992. Ulteriori modifiche, infine, sono occorse alla disciplina nel 2015 e 2017.
Cosa cambia
Con l’abrogazione dell’istituto di reclamo e mediazione si è dunque resa necessaria una soluzione alternativa al tradizionale procedimento giudiziario, ed è qui che entra in gioco la Cassazione. Tra le novità procedurali introdotte spicca (salvo diverso avviso del giudice) il mancato obbligo di produrre nuovi documenti in appello; l’applicazione delle sanzioni nella misura del 60% del minimo edittale; il deposito di eventuali ricorsi entro i 30 giorni dalla notifica. Il Decreto prevede inoltre una (parziale) legittimità di scelta da parte del giudice circa il merito in sede d’esame della domanda cautelare; l’impugnabilità del diniego di autotutela; la notifica del ricorso all’Agente della riscossione e all’ente creditore qualora il contribuente eccepisca l’omessa o irregolare notifica dell’atto presupposto.
Nonostante il Decreto sia ufficialmente entrato in vigore lo scorso 4 gennaio, infine, le nuove previsioni trovano attuazione con tempistiche differenti a seconda del contenzioso. Alcune avranno infatti effetto sui giudizi nati in primo e secondo grado (Cassazione compresa) a decorrere dal 5 scorso, altre interesseranno invece i giudizi il cui ricorso sarà notificato dopo il 1° settembre di quest’anno.