Dopo 16 anni la conferma: non si applica agli immobili detenuti da società immobiliari
Ad ipotizzare la cosa, già nel 2007, la dottrina che prende le mosse dall’art. 3, comma 4-ter, del Dlgs 346 del 1990 e che, allo scopo di arginare le “difficoltà insormontabili” di passaggi generazionali che comprometterebbero l’impresa, prevede l’esenzione dall’imposta di successione e donazione (“ISD”). Ora la conferma di alcuni specifici requisiti per godere del vantaggio esentivo viene dai giudici dell’alta Corte: i trasferimenti di partecipazioni azionarie di società immobiliari di mero godimento non integrano l’esercizio dell’attività di impresa e, dunque, non può esservi applicata l’esenzione d’imposta.
Cosa dice la legge
Il succitato articolo prevede dunque, in caso di successioni o donazioni, l’applicazione di un’esenzione sull’imposta laddove si proceda a trasferimento a favore di coniuge o discendenti (anche mediante patti di famiglia), di aziende, rami di azienda o partecipazioni sociali, ma solo qualora sia acclarato il sussistere di specifiche condizioni. Le quote di società di capitali, ad esempio, possono beneficare dell’agevolazione esclusivamente laddove il ricevente la donazione “integri o acquisisca il controllo sociale come da art. 2359, comma 1 n. c.c.”. Non solo: è condizione sine qua non che i beneficiari s’impegnino preventivamente a proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o ne detengano il controllo per almeno 5 anni. Un’attenzione del Legislatore, questa, che guarda al beneficio della continuità e integrità aziendale, per cui l’esenzione d’imposta vuole farsi propositivo stimolo (specialmente qualora gli eredi si trovassero nell’impossibilità di far fronte agli obblighi tributari), anche nell’ottica della migliore salvaguardia occupazionale.
La vicenda processuale
Il casus prende le mosse da un atto di donazione con cui due coniugi hanno disposto il trasferimento di partecipazioni azionarie in favore dei figli applicando l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni. Applicabilità in seguito disconosciuta dall’Agenzia delle Entrate allorché si è vista pervenire un avviso di liquidazione. La società è risultata allora essere di mero godimento immobiliare, economicamente non operativa e caratterizzata da una gestione statica. Come già anticipato dalla risposta n. 552 del 25 agosto 2021, l’Agenzia ha spiegato come “la ratio della norma richiede che i donanti trasferiscano il controllo della società di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, a favore dei beneficiari” e che “l’effettivo esercizio del controllo da parte dei donatari e la sussistenza di un’azienda di famiglia costituiscono, unitamente agli altri requisiti richiamati, le condizioni poste dalla legge la cui inosservanza determina la mancata applicazione del beneficio”.
I giudici di legittimità, rigettando il ricorso dei contribuenti, hanno così offerto l’occasione al chiarimento atteso da tempo. la Corte, in riferimento alla lettera della norma ha parlato di mera “improprietà lessicale” richiamando come imprescindibile il requisito dell’esercizio dell’impresa da parte della società trasferita: solo così facendo il trasferimento del controllo di una società può ritenersi equivalente al trasferimento di un’azienda. I giudici hanno quindi richiamato principio e ratio propedeutici alla norma di esenzione, e cioè le raccomandazioni della Commissione Ue n. 94/1069/CE del 1994, e n. 98/C 93/02 del 1998.
La ratio
La Cassazione ha osservato, in primis, come l’esenzione debba considerarsi soggetta al trasferimento di quote di società capitali solo qualora sia funzionale al soggetto beneficiario per il controllo di diritto della società, cioè la maggioranza dei voti in sede di assemblea ordinaria (anche se va detto che la legge non considera come tali poteri possano risultare compressi a causa di particolari clausole statutarie o accordi parasociali). Tornando al tema del controllo: è previsto che ad esso concorrano anche le quote di cui il beneficiario dell’operazione di trasferimento sia “indirettamente” titolare: il beneficiario vanterà così anche una partecipazione di controllo su un’eventuale società che a sua volta partecipazioni in una società terza. Il requisito di controllo, inoltre, può risultare soddisfatto anche laddove la quota di partecipazione sia trasferita ad una pluralità di soggetti in comunione (purché un rappresentante comune ne eserciti i voti in sede di assemblea ordinaria).
Sempre con riferimento al requisito del controllo, inoltre, interessanti sono le indicazioni contenute nella recente risposta n. 185/2023. In tale risposta è stato precisato che, ai fini dell’esenzione, è necessario non soltanto che gli aventi causa del trasferimento acquisiscano la maggioranza dei diritti di voto, ma anche che l’acquisizione attribuisca agli stessi un effettivo potere di controllo tale da “influire in modo diretto e immediato sull’attività sociale, indirizzandone la gestione e le decisioni aziendali”.ma ha in più sottolineato anche altro. Oltre a premessa d’acquisizione e controllo per un periodo di almeno 5 anni, infatti, ha richiamato il requisito d’esercizio dell’impresa da parte della società trasferita. In caso contrario, infatti, si faciliterebbe il trasferimento di partecipazioni in società senza impresa cui siano stati, in più, vincolati beni mobili e immobili.
“Se l’agevolazione non si applica al trasferimento di un patrimonio immobiliare”, hanno chiarito i giudici “non dovrebbe applicarsi al trasferimento di quote di controllo di una società immobiliare, pena un’irragionevole disparità di trattamento”.