Trasferimento di azioni in esecuzione di lodo arbitrale: registro al 3%

Secondo Cassazione la condanna a pagare il corrispettivo vuole l’imposizione più onerosa

 Il lodo arbitrale che condanni a cedere le quote d’una società e, contestualmente, obblighi il versamento di quanto dovuto a preliminare, sconta l’imposta di registro proporzionale al 3%. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 17359 dello scorso 16 giugno. La decisione dei giudici ha preso le mosse dall’evidenza che entrambe le disposizioni siano legate da vincolo di derivazione necessaria.

 

Il caso

Il principio espresso della Cassazione giunge a dirimere un contenzioso nato al momento della registrazione all’Ufficio territoriale delle Entrate d’un lodo arbitrale conseguente ad atto preliminare di compravendita con coattivo trasferimento a persona fisica del pacchetto societario di un’azienda. Il provvedimento, che comportava contestualmente obbligo da parte dell’acquirente di corrispondere il valore delle azioni maggiorato (sulla base dell’art. 8 della tariffa) dell’imposta di registro con aliquota del 3% (proporzionale cioè alla condanna), ha visto la società destinataria dell’avviso di liquidazione impugnare il provvedimento. Secondo quest’ultima, infatti, avrebbe prevalso il principio (art. 11 della tariffa, parte prima, allegata al Tur) per cui atti relativi al trasferimento di quote societarie beneficerebbero di un’imposta fissa.

 

La giurisprudenza

Qualche legittimo dubbio può venire: in caso di trasferimento di beni, sia pure immobili, l’orientamento generale propende per un’imposta di registro al 3% per “effetto della diretta volontà dell’acquirente a procedere” (come da ordinanze n. 30957 del 2021 e n. 13705 del 2022). Altrove, tuttavia, come nell’ordinanza della Cassazione n. 21111 del 4 luglio 2022, è chiaramente specificato:

“Il lodo, promosso dal promittente venditore ai sensi dell’art. 2932 c.c., per l’inadempimento del promittente acquirente, che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore di quest’ultimo, subordinatamente al pagamento da parte sua del corrispettivo pattuito, è soggetto a imposta in misura fissa, in applicazione dell’art. 27, comma 1, del DPR n. 131 del 1986. Non può, infatti, qualificarsi come meramente sospensiva tale condizione potestativa, ove venga accertato che il lodo abbia subordinato l’efficacia del trasferimento alla volontà di una parte che è sempre rimasta inadempiente non avendo mai voluto, né potuto adempiere l’obbligazione assunta con il contratto preliminare”.

Ecco spiegata dunque la rilevanza della recente ordinanza, che pone un punto fermo sulla questione.

 

La decisione della Cassazione

In merito al ricorso di cui sopra, la Corte di giustizia tributaria di Milano prima (nel 2013) e la CTR di Lombardia poi (nel 2014), avevano già respinto la tesi della società ricorrente. I Giudici della Corte di Cassazione hanno sostanzialmente confermato in via definitiva quanto già in precedenza reso evidente, e cioè che l’applicazione dell’art. 21 del DPR 131 del 1986 sopravanzasse di necessità gli altri articoli laddove ci si trovi in presenza di atti che contengano più disposizioni. In particolare l’articolo osserva:

“1. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.

2. Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che da’ luogo alla imposizione più onerosa.

3. Non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni nonché le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono”.

La tassazione in capo al trasferimento di quote soggiace dunque alla stessa tassazione prevista per il pagamento del corrispettivo fiscalmente prevalente, assoggettato alla maggiore imposta proporzionale.