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Enunciazione: la Cassazione conferma l’imposta di registro al 3%

Il caso prende le mosse da un finanziamento enunciato a margine di una donazione quote

La condizione dell’”identità di parti”, prevista dal Testo unico n. 131 del 26 aprile 1986, è alla base del contendere in un caso che ha visto la Cassazione meglio definire i confini applicativi dell’enunciazione. La recentissima sentenza n. 15592 aggiunge così un importante tassello interpretativo della norma, in particolare laddove al finanziamento soci in delibere di aumento di capitale si vada a innestare un atto di donazione.

 

L’origine del contendere

La vicenda prende le mosse da un atto di donazione di quote ad opera di un padre ai suoi due figli: atto che vede contestualmente (e di necessità) la modifica dei patti sociali, ma anche la cessione di un credito vantato dal padre nei confronti della società come finanziamento soci. Al momento della registrazione degli atti l’Agenzia delle Entrate richiede al notaio (che lo contesta) il versamento dell’imposta di registro al 3% sul finanziamento enunciato.

 

La posizione del ricorrente

Il professionista richiama l’art. 22 del DPR 131 del 1986 e la consuetudine giuresprudenziale secondo cui gli atti verbali non sarebbero tassabili (così come un atto integrato e citato in un secondo) se non in caso si presentino le seguenti condizioni:

  • che l’atto enunciato sia intercorso tra le stesse parti del secondo;
  • che l’atto enunciante rilevi gli elementi essenziali dell’enunciato;
  • che quest’ultimo non sia stato già registrato:
  • che l’enunciante sia presentato per la sua registrazione.

La posizione del notaio prende le mosse dall’assenza, suo dire, del primo presupposto: non si configurerebbe nel caso in oggetto “identità tra le parti” essendo il finanziamento dei soci (atto enunciato) intercorso tra neo-soci e la società stessa, mentre l’enunciante (la donazione) tra padre e figli.

 

La decisione in Cassazione

I giudici hanno ripercorso il caso in oggetto alla luce di quanto già in precedenza evinto dalla sentenza della Cassazione n. 4840 del 15 febbraio 2022, da quella delle Sezioni Unite n. 14432 del 24 maggio 20231, ma anche dalle sentenze 2548, 2443 e 2296 di quest’anno. In particolare hanno ritenuto come, nell’ambito della disciplina dell’enunciazione, il termine “parti” sia da interpretare non già in senso “contrattualistico” ma “lato e sostanziale”.

In buona sostanza l’evinzione delle parti deve attenersi, secondo la Cassazione, ai soggetti in favore dei quali si realizzano gli effetti degli atti in oggetto, e quindi nello specifico sia da assumere la coincidenza tra beneficiari dell’enunciato e dell’enunciante.