Alcune importanti declinazioni dell’utilissimo strumento di prodroma cessione
Torniamo a parlare del versatile strumento del Patto di Famiglia cui già abbiamo dedicato un approfondimento (vedi qui). Un mezzo pensato per gli imprenditori che vogliano predisporre il futuro passaggio generazionale della propria azienda. Dal nostro ultimo articolo (link interno) infatti, ci sono giunti svariati quesiti circa la sua applicabilità pratica, finalizzata ad evitare frammentazione della titolarità o della partecipazione. Richieste d’approfondimento cui diamo con piacere spazio intervenendo su tre specifiche tematiche.
Tre gli approfondimenti più interessanti:
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La liquidazione degli eredi non assegnatari della titolarità d’azienda, spetta di necessità a quanti al contrario lo saranno o può essere evasa anche dal disponente, dall’imprenditore, cioè, che ne cede l’eredità?
Se i soggetti legittimari non assegnatari non rinunciano in toto o in parte a quanto loro spettante, la liquidazione della somma corrispondente al valore delle quote (art. 336 e seguenti), erogabile per la totalità o parzialmente anche in natura (previo accordo tra i contraenti del contratto), prende le mosse a partire da una delle due tipologie di patto di famiglia previste:
- “orizzontale” o “tipico” (l’imprenditore trasferisce azienda o quote societarie all’erede designato che poi provvedere a liquidare gli altri);
- “verticale” o “atipico” (l’imprenditore trasferisce azienda o quote societarie a uno o più assegnatari al contempo provvedendo alla liquidazione dei non assegnatari con altri beni derivati dal suo patrimonio).
La dottrina è ad oggi largamente orientata a giudicare invalido quest’ultimo tipo di patto famigliare in ragione di un’interpretazione più letterale della norma (art. 768- quater, comma 2 c.c.), e a motivo che la deroga al divieto di patti successori, previsto dall’articolo 458 c.c., è limitata alla sola azienda e alle sole partecipazioni sociali, dunque non coinvolgendo beni terzi di proprietà e disponibilità personale da parte dell’imprenditore.
Quanti al contrario sostengono il diritto del pater familias richiamato dal patto “atipico”, si basano sul principio che l’ipotetica età giovanile dei contraenti presupponga da parte di questi l’indisponibilità economica a liquidare i co-eredi. In più, a corroborare l’interpretazione normativa in questo senso, concorrerebbe a loro dire un passaggio dell’articolo 768- quater, comma 3 in cui si fa esplicito riferimento ai “beni assegnati”, invece che “liquidati”. Va anche detto, infine, che per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, la sentenza n. 29506 del 24 dicembre 2020 ha visto la Cassazione affermare che la liquidazione compensativa sia comunque riconducibile ad una donazione da parte del disponente, portando altra linfa ai sostenitori della liceità del patto atipico.
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Nel trasferimento di nuda proprietà di partecipazioni sociali, il valore da liquidare è quello dell’intera partecipazione o della sola nuda proprietà?
A far scuola in questo caso è la sentenza del Tribunale di Trento n. 36/202I, che a partire dal caso in oggetto stabilisce come i legittimari assegnatari debbano liquidare ai non assegnatari il valore della nuda proprietà delle quote loro attribuite. Richiamando l’art. 768 quater c.c. (art. 4 del negozio), infatti, i togati sottolineano come, a partire da quello, fosse stata calcolata la quota spettante, ma esulando il fatto che al nudo proprietario la cessione attribuisse anche il diritto di voto, scelta non di poco valore comportando il controllo societario.
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Può essere successivamente impugnata o contesta la rinuncia di un legittimario non assegnatario?
L’obbligazione di liquidazione può essere estinta:
- con adempimento immediato (l’assegnatario paga o trasferisce beni in natura ai legittimari non assegnatari);
- con differimento (l’assegnatario provvede in un momento successivo);
- a mezzo rinuncia totale o parziale (i legittimari non assegnatari rinunciano in toto o in parte allo spettante e, così facendo, accettano di non vantare successivi diritti sul bene trasferito anche qualora, al momento dell’avvio di successione, si ritenessero lesi nei loro diritti di legittima).
In quest’ultimo caso, ai sensi del 1236 c.c., la rinuncia alla liquidazione è assimilabile a quella del diritto di credito e, dunque, a remissione del debito.